di Marta Fontana

Sono nata in pianura e ci ho vissuto per vent’anni, la schiena appoggiata ai colli Euganei, terra fertile d’incontro: acqua di fiume e fuoco di vulcano. Chiudo gli occhi e vedo i suoi cretti umidi, le zolle scure, il vapore che alita al mattino. Vedo il verde brulicare nei giorni e la carne rossa di ciliegie e more. Nelle colline d’Urbino, durante i miei studi d’arte, mi è scivolata addosso una terra disegno, abito leggero, fresco di cucitura. S’indossava a pennello.

L’approdo nelle terre dell’isola, l’isola di San Pietro a sud ovest della Sardegna, è stato spiazzante. Col mio abito leggero ho messo piede su uno scheletro antichissimo, terra secca, di polvere fine, dura, metallica, terra osso. Ancora incontro tra acqua e fuoco, ma terra di sale. Tutt’altro sapore rispetto alla terra d’acqua dolce. L’isola è aspra, poche rotondità, è respiro della terra sommersa, è per questo che sembra spalancarsi totalmente al vento, a bocca aperta. È terra perché non è mare, difende il confine che il vulcano un tempo ha segnato. È terra che resiste, che invecchia tenacemente, è madre della madre e allo stesso tempo è molto vicina alla nascita, all’origine.

 

In questa terra ho trovato solchi riempiti di ocra rossa e gialla. Ho trovato metalli, argille, sabbie, diaspri. Ho trovato, e trovo ad ogni passo, colore.

 

Il bianco è argilla che si gonfia d’acqua e asciugandosi genera un chiaroscuro di crepature, il rosso è ocra fine o ciottolo scuro dal cuore intenso e vivo, il nero è manganese a tratti friabile, a tratti compatto.
È questa la terra in cui sto: è argilla bianca, argilla rosa, grigia, violacea, argilla color dell’arancia, è ocra rossa, gialla, è pietra morbida nera, bluastra, di manganese.
Anni fa ho avuto in dono avanzi di scavi d’ocre e manganese ed è stata un’alchimia in continua evoluzione poterli utilizzare come colore puro naturale, come materia ricca di tutta la sua storia di ere, di incredibili stravolgimenti, di ossidazioni, di valore simbolico per gli uomini e le donne che l’hanno toccata in tempi remotissimi. Ogni granello è prezioso e non deve andare perduto.
Le mani sbriciolano le ocre impregnandosi di colore, le mani mescolano polvere con acqua, con oli, dipingono strati sottili che seccheranno come veli impalpabili accanto alle masse più rugose.
L’asciugatura è una fase importante, è il momento del lasciare, del distacco, del togliere le mani e dell’osservare semplicemente, ogni volta con stupore nonostante una certa reciproca conoscenza, il definirsi dell’opera attraverso la sua evaporazione, il suo respiro fisico. Ciò che rimane è il sale, il sedimento del percorso, il sedimento di quella tensione nata nel momento in cui le mani si tingono di terra.

Marta Fontana (Este, Padova,1971), artista visiva, realizza ricerche installative e grafico/pittoriche. Dal 2001 vive e lavora stabilmente a Carloforte.