San Pietro? Nel nome il primo mistero

di Nicolo Capriata

 

Nell’immaginario collettivo, ma frequentemente anche nella realtà, ogni isola serba in sé una serie di misteri più o meno grandi che ne aumentano il suo fascino. Per l’isola di San Pietro il primo, dei tanti arcani, è il suo nome. Perché si chiama così? La prima risposta sta nelle leggende che ne danno la spiegazione. La più accreditata (si fa per dire) racconta che il Santo Apostolo durante un viaggio che dall’Africa lo doveva condurre a Roma facendo scalo a Cagliari, a causa di una tempesta dovette riparare sull’isola che da allora in suo onore prese il suo nome. A raccontare questa storia fu nel XVI secolo un teologo-giurista cagliaritano, tale Dionigi Bonfant, al quale gli fece eco un altro cagliaritano pressoché contemporaneo, lo storico Gianfrancesco Fara che sostenne che l’isola “traeva il suo nome dalla chiesa ivi eretta” riferendosi erroneamente al piccolo tempio elevato intorno al 1230 per ricordare la sciagurata vicenda della “Crociata dei fanciulli”, altro enigma che contorna la storia dell’isola.

Come a volte succede storia e leggenda si mescolano e si sovrappongono. E allora qual’è l’origine di questo toponimo? Occorre fare un passo indietro di qualche millennio e per l’esattezza partire tra l’VIII e il VII secolo prima della nascita di Cristo quando l’isola si chiamava YNSM. Ecco, quasi sicuramente, da quando esiste la scrittura, è questo il primo nome col quale venne indicata l’isola. Furono i fenici a battezzarla così, con quelle quattro consonanti (senza vocali perché nelle lingue semitiche non esistono) che si pronuncia inosim e che si traducono con “Isola degli Sparvieri”. Quel nome le fu dato a causa dei numerosi falchi che allora la popolavano.  Questo primo toponimo fu trovato nelle iscrizioni di due tavolette, la prima rinvenuta a Cagliari nel 1877 e la seconda reperita poco dopo a Cartagine. Ma, come ha scritto qualcuno, i toponimi sono come l’acqua di fonte che inizialmente ha il sapore della roccia da cui sgorga, però cammin facendo acquisisce quello dei terreni che attraversa. Così per Plinio il Vecchio, il nome dell’isola rifacendosi alla terminologia fenicia divenne Enosis. Forse più attinente e corretta fu la denominazione del grande astronomo e geografo Tolomeo che la indicò traducendo perfettamente dal fenicio YNSM nell’ellenico “Hieracon nesos” che appunto in greco ha lo stesso significato di “Isola degli sparvieri”. Lo seguirono anche i latini per i quali l’isola diventò “Accipitrum insula”. E qui ci fermiamo, perché più o meno dalla caduta dell’impero romano e per tutti i “secoli bui” che ne seguirono non si hanno notizie sull’isola e quanto meno sul suo nome. Almeno fino al 1050 circa quando in un documento inerente le vicende della permanenza pisana in Sardegna, si legge che una flotta si fermò “…all’isola dei Falconi ora detta di San Pietro”. Questo documento scritto nel primissimo volgare è sicuramente interessante perché riporta insieme l’antico nome dell’isola stavolta tradotto dal latino in italiano, ma anche la nuova denominazione. L’intitolazione dell’isola all’apostolo Pietro si affermerà definitivamente con il “Compasso de navegare” che è il primo portolano scritto in volgare e datato tra 1250 e il 1265 dove l’isola viene indicata tantissime volte come “Sancto Pietro” e talora con lo spagnoleggiante “San Pedro”.

Tralasciando le leggende, perché appunto sono leggende, da dove è saltato fuori questo nuovo nome dopo che per secoli fenici, greci e romani pur nella loro lingua l’hanno chiamata sempre allo stesso modo? Non si sa e forse non si potrà mai sapere. È una sorta di mistero. Tuttavia un’ipotesi formulata recentemente da alcuni studiosi sull’origine della “moderna” denominazione c’è e va ricercata nell’assonanza di accipitrum con Pietro che durante i secoli bui per quei processi che rimangono sempre sconosciuti o quantomeno inspiegabili, avrebbe favorito la trasformazione in “Isola di San Pietro”. Forse l’idea potrebbe reggere, ma la toponomastica è un terreno infido per il linguista ricercatore. Cosicché al di là delle storie e delle congetture l’enigma sull’origine del nome rimane. E questo è il primo dei tanti misteri serbati sull’isola e la sua storia.

Scomparso nel settembre 2021, Nicolo Capriata è stato tra i più attenti studiosi della cultura carlofortina. Dopo la laurea in Geologia, ha insegnato per 34 anni all’Istituto Nautico di Carloforte. Ha lavorato come corrispondente per riviste e giornali diversi ed è autore di numerosi libri dedicati alle tradizioni isolane. Con l’Associazione Culturale Saphyrina, della quale è stato tra i fondatori, ha organizzato mostre, incontri, convegni e rassegne letterarie.